AD UNA FIALA DI MORFINA (anno 1923).

[Nota biografica : anche se solo undicenne Laetitia aveva partecipato alle cure della madre, Cordelia LUCIANI, che -  come tante altre ragazze e donne dell’ epoca - era andata al fronte come crocerossina volontaria. Fu congedata prima della fine della guerra, perché  la pelle di braccia, mani, stomaco e ventre le veniva via a brani essendo stata irradiata troppo con gli ancora non perfezionati raggi X; non ci si era ancora resi conto dell’ opportunità di proteggere, con grembiuli laminati di piombo, il personale medico. Amorosamente curata con la migliore farmacopea dell’ epoca (il padre era il famoso Luigi LUCIANI, il grande fisiologo nonché rettore dell’Università di Roma), per lenirle il dolore era stata tenuta lungamente sotto morfina;  si riprese, ma rimanendo deturpata e, soprattutto, sterile: non le riuscì mai più di dare a Laetitia  quel fratello che questa tanto desiderava.]

Insomma, da vera postera, mia madre affrontò il problema della droga con mezzo secolo d'anticipo; e se la lettura di questa splendida poesia servirà, anche ad un solo altro ragazzo, a rifiutare il paradiso artificiale degli stupefacenti, non sarà stata scritta invano.

Felicità! Sei qui? Oh, mi sorprende
di trovarti tra i bisturi e le bende….
T'avea creduta tra i fantasmi erranti
nel cuore degli amanti,
nei sogni dell'artista:
ovunque t'ho cercata - mai t'ho vista,
e alfin t'avrei trovata,
in una fiala di farmacista ?


Piccola fiala, grande mistero,
parlami! E' vero
che in te, morfina, sono radunate
le facoltà stupende, attibuite
alle pure sorgenti,
scaturite al tocco delle fate?
Possederesti tu, o mirabil liquore,
dei filtri antichi l'ignorato incanto?
Doni la gioia, vinci il dolore,
accendi il riso, prosciughi il pianto?
E di quella divina acqua di Lete
- malato ed inguaribile desio -
potresti tu versar l'oblio
a quest'ardente inesauribil sete?


Dunque in queste fiale
c'é quella gioia che agogno?
qui stanno ebrezza e sogno,
in questo liquido commerciale?
E alla più vicina farmacia
d'ora in avanti comprerò a contanti
tutti gli incanti della vita mia?!


Eppure .... Oh, Dio, son vile anch'io!
Vile, perché spossata
già dal dolore sono,
e l'anima fiaccata
più in sé null’ha di buono.
Pur se odiosa e colpevole,
perchè mai ricusare
l'unica gioia possibile?
Per un minuto sol vorrei provare..
Per un minuto possedere
l' irraggiungibile felicità,
e di tutto obliar.... vorrei godere....
soltanto per saper come si fà……


Perché al sorriso dei bimbi,
al sapere dei vecchi,

all'arte, alla bellezza,
alla gloria, all' amore,
al sogno ed alla vita,
agli uomini ed a Dio,
felicità richiesi invano.
Tutte le cose belle
me l'han negata ; ed or terrei in mano
la fulgida ribelle?


Ma pur com'é meschina
questa realtà della divina felicità.
O desiderio, o palpito
della mia gioventù,
in quest'umile forma
non vi conosco piü.
Io vi credevo un battito d'ala,
un'amonia, un sorriso, una lusinga....
e invece sareste il contenuto d'una fiala
da iniettare con la siringa?


O miseria, o miseria,
tutto dunque é materia!
L'ideale più fulgido,
il sogno più gentile
non sono che una vile
solida bruta mole.
Cos'é dunque il sole?
Un masso di metallo incandescente.
Il genio? Un po', di fosforo,
acceso da un reagente!
La vita? Un cozzar d'atomi!
E la felicità?
Due stille di liquore : eccole qua!
No!….meglio i propri martìri
guardare faccia a faccia,
e l'orrido a provarsi
spasimo che ti allaccia ;
meglio in membri riarsi
ogni strazio subire,
piuttosto che abbassarsi
a simil vil gioire.
No! Non é quella
l’atarassia sognata,
io mi ribello
alla gioia iniettata :
Non ti voglio, o colpevole ebrezza
d'uno strano orientale veleno ;
molto meglio affrontar la tristezza
con un limpido sguardo sereno !