17/06/1998
LO SPLENDIDO DISCORSO
di Renzo PIANO
(ricevendo il Premio Pritzker); trad. F. RAUCEA
Signor Presidente, signora Clinton, signore e signora Pritzker,
é naturalmente per me un grande onore rícevere il Premio Pritzker 1998; e voglio innanzitutto ringraziare i membri della giuria: si sono presi una bella responsabilità, aprendo le porte del tempio a uno come me, cresciuto tenendosene sempre un po' alla larga .................
Io, naturalmente sono felice, orgoglioso e grato di essere nominato architetto dell'anno, qualunque cosa ciò voglia significare ......... anche di buffo, dato che ricorda la top-star dell'anno, il più della stagione, il record del mese....... come i medicinali non avrà, per caso, una scadenza anche l'architetto, che passata 'a festa, gabbato 'o santo?
Ma che cosa è esattamente un architetto? Che cos'è l'architettura? Sono trent'anni che la faccio, ma forse solo ora cominciando a comprenderla: essa, tanto per incominciare, è un servizio, nel senso più letterale del termine, in quanto attività produttiva di cose utili.
Ma è anche socialmente pericolosa, in quanto autoimponentesi: un brutto libro si può non leggere; una brutta musica si può non ascoltare; ma l'orribile condominio, che abbiamo di fronte a casa, dobbiamo vederlo per forza!
L'architettura, insomma, non risparmia l'utente, talvolta imponendogli un'autentica immersione nella bruttezza: e questa, anche nei confronti delle generazioni future, è responsabilitá ben grave.
L'architettura è un mestiere antico, tra i più antichi della terra, forse il secondo, se vi sta bene: è un po' come la caccia, la pesca, la coltivazione dei campi, l'esplorazione dei mari, che sono le attivitá umane primigenie e da cui discendono tutte le altre;
infatti, subito dopo la ricerca del cibo, viene la ricerca di un riparo; a un certo punto, l'uomo non si accontenta più dei rifugi offerti dalla natura e diventa architetto.
Nell'architettura, infine, compaiono tanti altri componenti: la storia e la geografia, l'antropologia e l'ambiente, la scienza e la società, di cui essa, inevitabilmente, diventa lo status-simbol.
Ma forse posso spiegarmi meglio con un'immagine: l'architettura è come un iceberg - non nel senso del Titanic, che se la incontri ti manda a picco! -..... ma nel senso che da una ben piccola parte di esso dobbiamo risalire a tutto il resto, sommerso e nascosto.
(Infatti, è nei sette ottavi sommersi che troviamo le forze che consentono alla punta di emergere (ossia quelle che innalzano l'architettura) e cioè la società, la scienza e l'arte.)
Essa è Società perchè non esisterebbe senza la gente, senza le sue speranze, le sue aspettative, le sue passioni; e che è importante che siano ascoltate, anche se è difficile, per quell'architetto, che abbia la tentazione di imporre il proprio progetto, il proprio modo di pensare, o peggio il proprio stile.
Credo invece sia necessario un diverso atteggiamento verso il committente, senza rinunciare a quei capisaldi, che consentono di testimoniare le proprie idee, ma, al tempo stesso, dimostrandosi permeabili, di capire le idee altrui.
Non sono un boy scout e il mio richiamo allo spirito di servizio non vuole essere moralistico: molto semplicemente è un richiamo alla dignità del nostro mestiere e senza cui rischiamo di perderci nel labirinto degli stili e delle mode.
Vivere l'architettura come servizio è, da una parte, un condizionamento, un vincolo alla libertà creativa: ma chi ha mai detto che la creativitá deve essere libera da ogni vincolo?
Essi anzi spesso diventano uno stimolo e fonte d'ispirazione e rispondere a tono alla societá ed ai suoi bisogni é la ricchezza dell'architettura:
Firenze è bella perché é l'immagine dell'Italia del Rinascimento, dei suoi artigiani, dei suoi commercianti, dei suoi mecenati; e nelle sue vie, nelle sue piazze e nei suoi palazzi si riflette la visione della societá di Lorenzo de' Medici.
L'architettura é scienza e, per adeguarcisi, l'architetto deve essere esploratore ed avere il gusto per l'avventura; deve affrontare la realtà, con curiosità e coraggio, per conoscerla e spesso per cambiarla.
Deve anche essere homo faber, nel senso rinascimentale del termine; pensate a Galileo: il cannocchiale era stato inventato per avvistare le navi, non certo per studiare quel moto delle stelle, di cui si preoccupavano solo i teologi!
Egli invece, che voleva indagare gli astri, facendolo non esitò a mettersi contro la lobby più potente del suo tempo; è un riferimento che per me rappresenta molto, formidabile lezione di curiositá per il nuovo, di autonomia di pensiero, di coraggio, di esplorazione del1'ignoto.
Gli architetti poi devono vivere sulla frontiera, e ogni tanto attraversarla per vedere che cosa c'é dall'altra parte; anche loro devono usare il cannocchiale per cercare ciò che non è scritto sui sacri testi.
Brunelleschi non progettava solo edifici, ma anche le macchine per costruirli. Racconta Antonio Manetti come avesse studiato i rotismi degli orologi, per applicarli a un sistema di grandi contrappesi con cui poi fu sollevata l'armatura della cupola.
E' un bellissirno esempio di come l'architettura sia anche ricerca, facendoci riflettere su una cosa importante: tutti coloro, a cui oggi guardiamo con reverenza, come classici, ai loro tempi sono stati grandi innovatori, sono stati moderni, trovando la loro strada provando e rischiando.
Nella motivazione del premio la giuria ha fatto quel riferimento a Brunelleschi, che mi riempie d'orgoglio (e d'imbarazzo nello stesso tempo), perchè non è un modello nè raggiungibile nè anche solo approssimabile.
(Se dovessi paragonarmi a qualcuno, lo farei semplicemente con Robinson Crusoe, cioè un esploratore capace di muoversi in terre sconosciute.)
L'architettura é un'arte, usa la tecnica per generare un'emozione, e lo fa con un linguaggio suo specifico, fatto di spazio, di proporzioni, di luce, di materia (questa è, per un architetto, come il suono per un musicista, o le parole per un poeta).
Per me é molto importante un tema, quello della leggerezza (che ovviamente non si riferisce solo alla massa fisica degli oggetti) ed al tempo dei miei primi lavori era un gioco: una sfida un po' ingenua, fatta di spazi senza forme e di strutture senza peso.
In seguito questo é diventato il mio modo di essere architetto: io cerco di utilizzare, in architettura, elementi immateriali come la trasparenza, la leggerezza, la vibrazione della luce, che credo facciano parte della composizione quanto le forme ed i volumi.
E come in tutte le arti ci sono stati momenti difficili: creare significa scrutare nel buio, rinunciare a punti di riferimento, sfidare l'ignoto con tenacia, con insolenza, con quella ostinazione, che io trovo sublime e senza cui talvolta si resta alla periferia delle cose.
(In caso contrario finirebbe l'avventura del pensiero e comincerebbe l'accademia.)
Per creare veramente, l' architetto deve accettare tutte le contraddizioni del suo mestiere: tra disciplina e libertá, tra memoria ed invenzione, tra natura e tecnologia, .....non si può sfuggire: se la vita è complicata, l'arte lo è ancor di più.
L'architettura è tutto questo: società, scienza ed arte; e come l'iceberg è il risultato di una stratificazione che dura da migliaia di anni, nonchè massa in continuo cambiamento: il ghiaccio continuamente si scioglie e si riforma con l'acqua di oceani diversi.
L'architettura diventa cosi lo specchio della vita; per questo io vedo in essa, prima di tutto, la curiositá, l'anelito sociale, la voglia d'avventura: son queste le cose che mi hanno sempre escluso dal tempio........
Sono nato in una famiglia di costruttori, e questo mi ha dato un particolare rapporto col fare, ho sempre amato andare in cantiere con mio padre e vedere le cose nascere dal nulla, create dalla mano dell'uomo.
Per un bambino il cantiere é magia: oggi vedi un mucchio di sabbia e mattoni, domani vedi un muro che si regge da solo, ed alla fine tutto, diventa un edificio alto, solido dove la gente può abitare: sono un uomo fortunato, avendo passato tutta la vita a fare quello che sognavo da bambino!
Nel 1945 avevo sette anni, ed iniziava il miracolo della ricostruzione postbellica, durante cui sappiamo che, in nome del progresso e della modernitá, si sono dette e fatte tante schiocchezze; ma per la mia generazione, la parola progresso ha significato davvero qualcosa:
ogni anno che passava ci separava dall'orrore della guerra e di giorno in giorno la nostra vita sembrava migliore...... crescere in quegli anni ci ha dato una fede ostinata nel futuro.
Appartengo a una generazione di persone che ha mantenuto per tutta la vita un approccio sperimentale, esplorando campi diversi, profanando le frontiere tra le discipline, mescolando le carte, prendendo fischi e facendo errori.
E questo in terreni diversi, dal teatro alla pittura, dal cinema alla letteratura e alla musica....... senza mai parlare di cultura, perchè é una parola fragile, che come un fantasma - può svanire nel momento stesso in cui la evochi.
Tutto ció ti fà crescere, istintivamente ed inevitabilmente ottimista e ti fa credere nel futuro; ma nello stesso tempo ami il passato (poi essendo italiano o, meglio, europeo, non puoi fare diversamente):
e quindi vivi sospeso tra la gratitudine verso il passato ed una grande passione per la sperimentazione, per l'esplorazione del futuro.
Mi vengono in mente le parole, di Francis Scott Fitzgerald, che concludono 'Il grande Gatsby (nella bellissima traduzione, in italiano, di Fernanda PIVANO): "Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato."
E' una splendida immagine, che rappresenta la condizione umana: il passato sarà un rifugio sicuro, è una grande tentazione; eppure il futuro è l'unico posto dove vale la pena d'andare (sempre che, da qualche parte, davvero lo si possa fare.)
Francesco RAUCEA
Via della Fioretta, 85 00060 – CAPENA il
20/06/98
tel.&fax 06-90380528
Gent.mo Arch. Renzo PIANO
in occasione del Premio Pritzker 1998
Oggetto : RINGRAZIAMENTI con qualche osservazione.
Amato Maestro,
ho letto e riletto, appassionatamente (ma anche esotericamente), il tuo discorso in occasione del Premio Pritzker, profondamente gratificato della sua forma smagliante e della quasi completa identità di vedute..... quanto avrei voluto esserne l'autore!:
rappresenta perfettamente il mio ideale artistico-letterario,
creare emozioni con la penna e con un eloquio quasi sempre
chiaro, comprensibile assolu-
tamente a tutti anche se analizzabile, solo dal più
arguto e profondo critico, e non mai completamente!
Che profonda lezione:
a) per questa Italia esaltante l'ermetismo ed in cui l'incomprensibilità è foriera, se non sempre della cattedra, quantomeno sicuramente del consenso popolare e del seggio in Parlamento!
b) per tutti quei pennivendoli mestieranti, che ammantano la loro incapacità dietro ghirigori di mattoncini, e la loro profonda ignoranza dietro la comoda maschera dell'incomprensione altrui!
Grazie: per aver parlato dell'architettura con quella semplicità, quelle definizioni, quella sensibilità, intensità e quell'intuizione che qualcuno doveva, prima o poi, avere il coraggio di professare;
il vero Architetto, il Costruttore con la C maiuscola, semplicemente e banalmente materializza, mattonizza intelligenza.
Grazie: per il richiamo, controcorrente, ad una mentalità di servizio in un paese in cui tale termine ormai suona porno, totalmente superato dalla mentalità di dirittizio.
Grazie: soprattutto per aver rievocato così incantatamente il CANTIERE della nostra giovinezza, quella sensazione quasi d'onnipotenza allora conferitaci da una CLASSE OPERAIA ATTIVA e MERAVIGLIOSA, che non finirò mai di lodare e rimpiangere, ricordandone sempre i singoli volti con commozione e gratitudine.
Fellinianamente (l'indimenticabile Prova d' orchestra!), l'Architettura allora fluiva forse dalla punta della nostra matita e con essa davamo certo l'attacco, l'istruzione ed il tempo;
ma certamente poi nessuno di noi avrebbe mai avuto la forza di materialmente realizzare quelle forme solo intuite:
la classe operaia fu allora il nostro braccio, l'apparato moltiplicatore di potenza, il nostro esoscheletro e senza di essa i nostri progetti, i nostri vorrei ma non posso, sarebbero ancora ad ammuffire nei cassetti!
Questo è pertanto il mio primo appunto, che il tuo cantiere sia disabitato o, per meglio dire, abitato solo inavvertitamente dalla mano dell'uomo, ma non dall'uomo:
ancora una volta - ma sempre assai ingiustamente! - la Storia si sofferma sul solo Nelson-Piano, dimenticando quelle anonime masse, che per lui combatterono, vinsero, magari anche morirono, a Trafalgar;
perchè tu, che pure hai intuito, descritto e vissuto la magia del cantiere, non hai poi speso un cenno, un rigo, una parola per ricordarne coloro che ne furono l'anima ed i protagonisti, cioè gli Artefici?
......per evidenziare la miracolosità di quella classe operaia, ed il raro privilegio che abbiamo avuto nell'averne potuto usufruire!?
Eppure avrai avuto anche tu il tuo Goffredo DE GREGORI,1 il mastro dei lavori difficili e complicati (ma che egli mai e poi mai trovava tali), commentando sempre i disegni con un "e che ce vo'?!….domani - o forse anche stasera - è fatto!"
……..al sindacalista che, tanto per cambiare, cercava d'aizzarlo rispose - memorabile esempio di Volksmund2 - "i padroni sono come i denti, prima o poi si cariano tutti, rendendo necessario il tirarli: però, sinchè buoni, ti fanno mangiare!"
E Marcello ERCOLI, maiolicaro, investendo il manovale che non metteva l'isolamento di plastica a protezione dei tubi, con la scusa - solita in cantiere - "Tanto nessuno neanche s'accorge d'una simile attenzione; e poi io non conosco quello che ci verrà ad abitare, chissene frega!"
"Neanch'io lo conosco........ e quasi sicuramente non sarà certo mia figlia e neanche la tua; però sarà sempre un compagno, un italiano che avrà aspettato anni, facendosi il culo, lui e famiglia, per comprarsi la casa:
ha quindi diritto al nostro rispetto ed attenzioni affinché esca fuori bella, buona duratura e ben fatta …..neanch'io lo conosco, eppure son contento di lavorare per quest'Italiano Ignoto! Perciò proteggi i tubi o ti faccio licenziare!"
Ed Ottavia BASSETTO, che non aveva mai fatto mistero, ed a conferma della sua militanza di sinistra, al funerale di mia madre, piangendo a dirotto: "Dopo tanti anni finisce che uno s'affeziona anche ai padroni3!
Quale maledizione, quale infernale veleno ha invece potuto,
dagli anni 70, rompere quest'incantesimo, que-
sto afflato, questa SOLIDARIETÀ ed
unità d'intenti ?
Quale follia mise le braccia contro la testa, la femmina contro il maschio, l'esoscheletro, l'apparato amplificatore contro l'apparato rivelatore - che pure mai e poi mai possono fare l'uno a meno dell'altro-?!:
….. ne siano sempre maledetti ed esecrati gli untori, malefico rigurgito della fogna e dell' Inferno!
E quando, qualche anno dopo, mi sentii dire, da un insonne magistrato del lavoro4: "IL LAVORATORE HA SEMPRE RAGIONE: QUANDO HA PALESEMENTE TORTO HA QUINDI SOLO UN PO' MENO RAGIONE!" mi resi tristamente conto che tale nuova pseudo-giustizia poneva fine, assieme, ad un'epoca ed alla mie-nostre capacità e volontà realizzative;
ADDIO tempi eroici e benedetti della collaborazione e del reciproco rispetto ed affetto: o Classe Operaia, c'è stato il tempo - è vero! - in cui fosti il mio ardire e la mia forza, ma tutto ciò solo per poi abbandonarci nell'attuale DEBOLEZZA!?
Ancora non so spiegarmi tutto ciò: ma se certo non posso più cantarti come sei, però vogli'ancora ricordarti com'eri; e gradirei che anche tu, Maestro, ti unissi in questo requiem alla memoria
&
Non voglio soffermarmi su un protoriferimento professionale5 certamente possibile - ma che m'indispone e preferisco ritenere solo una piacevole e molto woodyalleniana6 battuta di spirito -
[…..in principio era il caos e l'ordine lo mise Lui, ma davvero talmente sbagliando (quantomeno in quantità e/o in qualità, non facendo abbastanza, o non sufficientemente lussuosi, rifugi) da render necessari, nel nuovo caos demoNcristiano, prodiano e rutelliano, i moderni Architetti, ovviamente per rimediare .......?]
Ma non posso non soffermarmi sull'assoluta gratuità, non necessità di quel tragico riferimento al Titanic e sul tuo immediato, e subito successivo, affanno a smentirlo, che invece maggiormente lo esalta, confermando una tua subliminale ed inconscia associazione Titanic-Architettura-moderna:
in altre parole - secondo me - vi leggo l'ammissione inconscia che sette ottavi della moderna realizzazione architettonica sarebbero almeno penosi, per non dire proprio tragici!
Il piede è più bello della scarpa7 e non mi sembra assolutamente il caso di parlare d'Architettura in merito a certe baraccopoli per europei appartamenticoli sindacalizzati, ma facenti solo molto rimpiangere le falvelas brasiliane,
le quali, oltre ad essere sufficienti allo scopo, hanno almeno il notevole merito e privilegio della precarietà:
ci si può anche azzardare a suonare maldestramente uno strumento, perchè una nota errata costa poco e dopo pochi secondi è sparita,
ma guai ad azzardare architettura, purtroppo lungamente perdurante, oltre a coinvolgere, sprecandole, enormi risorse!.......ma questa grande verità é tutt'ora scarsamente compresa..........
Insomma, io non so se e quanto Architettura sia stata - come tu dici - un toccasana per i guasti dei bombardamenti dell'ultima guerra,
mentre son propio certo che i bombardamenti della prossima potrebbero avere un lato positivo nel rimediare i guasti dell' ultima architettura!
(Purtuttavia, da pacifista incallito, neanche ciò riuscirà mai a rendermi accettabile ed auspicabile la guerra, dato che che lo stesso risultato é sempre ottenibile con l'amichevole e benemerito terremoto!)
Con questa premessa, andiamoci quindi piano con un'Architettura che correggerebbe l'Opera Divina, genialmente unendo al continente isole, che ne erano da sempre separate, superando montagne, attraversando e scavalcando stretti ed immensi baratri;
riconosciamole senz'altro la sua essenza e dimensione titanica,8 contestatrice del precedente statu quo, Capaneo che impreca contro Giove, "mo ti faccio vedere io cosa e come si poteva fare!" e talvolta diamole anche l'occasione di realizzarsi;
riconosciamo senz'altro ad ogni Architetto - se non sempre la capacità - almeno l'intenzione di voler modificare positivamente il suo intorno,
ma con la consapevolezza che, purtroppo, storicamente ciò ben raramente si è verificato e verifica, e che per ogni Casa sulla cascata ci sono invece mille Case cascate!
Riconosciamo, insomma, la RELIGIOSITA' DELLA NATURA e quindi la necessaria e doverosa subordinazione dell'Architettura ad essa.
E - pur contrariato di dover contrariare - ma propongo al Maestro una rilettura conscia (e quindi con esplicitazione e pubblico riconoscimento) di certi passi del suo discorso e la seguente bierciana9 definizione:
Architetto: singolare, maschile; MEGALOMANE, sempre miscredente (quando non addirittura presuntuoso e pericoloso) - che, in un delirio d'onnipotenza ed inspiegabilmente convinto di riuscire a MIGLIORARE la Divina Opera - purtroppo finisce, nella maggioranza10 dei casi, solo per inquacchiarla."
&
Vorrei infine formulare un'ipotesi di lavoro e chiave di lettura per l' architettura (?) italiana del 20° secolo:
da che mondo è mondo l'Architettura - come un albero - ha affondato le radici nel suo tempo, per trarne dapprima succhi vitali, cultura, forze e nutrimento, ma per poi - figlia riconoscente nonchè sua manifestazione più duratura - ricambiare, immortalandolo.
Ma, che c'è stato da immortalare, nell'Italia del ventesimo secolo? Il titanico (e totalmente inutile) sforzo della prima guerra mondiale? L'essere andati, affamati, ad ammazzare, negli Etiopi, molti degli unici cristiani d'Africa, per giunta non meno affamati?
Il libro e moschetto e l'imperial seconda guerra mondiale, che ci ha visti poi eroicamente accorrere in soccorso dei vincitori11? o forse il fatto che dal Palazzo dei Diamanti si sia passati alla Metropolitana delle Tangenti?:
dove e quando vi sia ben poco - o peggio nulla - da tramandare ai posteri, là, anche e sempre, ristagna, mortifica ed appassisce, Architettura!
(Francesco RAUCEA)
1 voglio che risuoni ancora una volta il loro cognome e, alla faccia della Storia, anche il nome, perché almeno io non l'ho certo dimenticato!
2 tedesco, letteralmente 'bocca di popolo', ma da intendersi 'saggezza popolare'
3 Jalahaluddin RUMI, filosofo e mistico arabo medioevale:"Disperatamente piangente, sei piombato tra noi, sereni e tranquilli; quest'é il mio augurio: / vogli'Allah che, dopo lunga vita, la Morte sorprenda te sereno e tranquillo, / tra familiari ed amici disperatamente piangenti!
4 Ne lascio a Voi l' ulteriore aggettivazione per non incorrere nel reato di 'Vilipendio delle istituzioni'
5 Discorso surriportato: "............... a un certo punto, l'uomo non si accontenta più dei rifugi offerti dalla natura e diventa architetto." come Spinoza io sono per il 'Deus, sive Natura' = 'Dio, cioè la Natura' e spero francamente che quella 'n' minuscola sia un refuso di stampa!
6 Woody Allen, affermando la sua origine divina, dice appunto "qualche punto di riferimento, qualche termine di paragone, noi artefici dobbiamo pure darcelo!"
7 è citazione di Leonardo da Vinci, confermata dal fatto che la successivamente decantata Firenze di Lorenzo de' Medici fu resa possibile dall'assoluta mancanza di Piano Sregolatore!
8 Notoriamente i Titani, nella mitologia greca, contrastarono la volontà divina, sia rubando (lodevolmente) il fuoco per donarlo all'uomo (Prometeo), sia sovrapponendo l'Ossa al Pelia (monti della Grecia) per arrivare all'Olimpo, assaltarlo ed abbattere il dominio degli Dei.
9 Ambrose BIERCE, giornalista americano, scrittore e geniale, graffiante aforista, scomparso misteriosamente, inghiottito dalla rivoluzione messicana, a cui partecipava come volontario; il suo "Devil's Dictionary" è un monumento purtroppo misconosciuto, tant' è vero che molti suoi aforismi si son poi diffusi anonimi, come "saggezza popolare"; chi non ricorda, ad esempio ed a memoria: "Vedovo: singolare maschile; felice individuo cui provvida natura ha tolto il superfluo"; "Donna: singolare, femminile; animale, grazioso e benigno, generalmente rintracciabile nell'intorno dell'uomo; con lungo impegno e paziente dedizione si riesce anche ad insegnarle a stare zitta!" Come del resto detto chiaramente, la surriportata definizione d'architetto è comunque un'imitazione, un falso dello scrivente.
10 Sette ottavi, sempre secondo Piano!
11 Durante la guerra del Golfo, Schwarzkopf - americano ma molto deutsch (come del resto dichiarato dal nome) - secondo la stampa avrebbe amichevolmente detto al comandante del nostro contingente: "E, stavolta, a noi quando ci tradirete?"
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